Poiché la psicoterapia è un “uso del Sè”, la natura stessa di chi siamo con i nostri clienti richiede di riflettere attentamente su come la tecnologia può migliorare o interferire con lo spazio psicoterapeutico.
Di Giorgia Lauro
Per molti aspetti, la pratica della psicoterapia difficilmente può essere descritta come “moderna”, soprattutto se consideriamo che ciò che la caratterizza, sin dai tempi di Freud, ha presentato una mutevolezza teorica che, tuttavia, non ha sconvolto gli aspetti pratici dell'agire professionale.
Nel valutare le differenze tra la stanza di consultazione dello psicoterapeuta dal 1900 ad oggi, ci sono molte più somiglianze che differenze. Se proviamo ad immaginare lo stesso confronto con la stanza di consulenza di un medico generale, o della sala operatoria di un chirurgo, le differenze sono così tante che sembra impossibile paragonarle.
Anche se non si devono sottovalutare i cambiamenti nella natura della ricerca alla base della psicoterapia moderna, come la ricerca sull'attaccamento, gli studi osservazionali, la neuroscienze e la neuropsicoanalisi, l'aspetto tecnologico non sembra aver del tutto invaso la stanza di analisi: per la maggior parte, nella pratica psicoterapeutica vi sono ancora due persone che parlano tra loro in una stanza.
Al contrario, le nostre vite quotidiane contemporanee, in un società alimentata dalla fretta, dall'edonismo e dalla smania del consumo, si trovano in preda alla onnisciente tecno-cultura. Basti pensare che vi sono più di un migliaio di satelliti in orbita attorno al globo, la maggior parte dei quali guarda verso l'interno piuttosto che l'esterno.
Vi è una maggiore richiesta di impegno nel trasmettere realtà televisive da salotto e a collegarci a livello globale con i nostri smartphone e computer. Allo stesso tempo, oggi siamo capaci di esplorare ogni pollice delle superfici asciutte del mondo attraverso Google Maps, e in relazione ai server cloud si elabora e si raccoglie ogni singolo bit di comunicazione che avviene in tutto il mondo: ogni telefonata, ogni messaggio di testo, ogni documento di parole.
Se prima il passaggio da megabyte a gigabyte sembrava una grande conquista, oggi ci troviamo di fronte al passaggio dal terabyte all'exabyte.
La tecnologia odierna riguarda il collegamento del mondo tramite Internet oltre alla presenza dei social network.
Solo Facebook ha più di 1,32 miliari di utenti attivi (Facebook, 2014) che rappresentano circa il 12% della popolazione mondiale. Se Facebook fosse un paese, sarebbe il terzo più grande al mondo. La tecnologia mobile è quindi divenuta più pervasiva dell'elettricità e dell'acqua pulita, più persone hanno un telefono cellulare rispetto al bagno privato.
Quando si guardano i paesi sviluppati, il numero di persone online si aggira tra il 70 e l'85% e si può tranquillamente affermare che la maggior parte delle persone online sta svolgendo una qualche attività all'interno di un social network: oltre il 70% degli adulti online e oltre il 90% di adolescenti (Duggan e Smith, 2013).
Essendo la tecnologia prodotta dall'uomo, sviluppata tra gli umani, è proprio il feedback umano che la modella, iterazione dopo iterazione attraverso il Social Shaping. In questo senso, la tecnologia è completamente umana e quindi disponibile alla comprensione attraverso le scienze umane come la psicologia.
Per seguire lo sviluppo della tecnologia e per comprenderla, bisogna guardare alle persone che si impegnano con essa; dobbiamo cioè guardare noi stessi. La tecnologia è semplicemente un'estensione della coscienza umana del mondo.
Pertanto, nonostante ci siano cose su cui bisognerebbe muoversi in modo cauto, bisogna anche tenere a mente che le abilità della psicoterapia non costituiscono un anatema per la comprensione della tecnologia, ma anzi è assolutamente essenziale se si vuole comprendere come creare una relazione più umana e contenitiva.
Le minacce alla cornice terapeutica
In qualità di psicologi e psicoterapeuti la riflessione dovrebbe incentrarsi sia su come la tecnologia influenzi la situazione clinica, sia sull'applicazione più ampia del nostro pensiero alla società nel suo insieme. Tuttavia, i terapeuti sono spaventati.
Secondo Balick (2014) la cornice terapeutica è minacciata da mille angolazioni diverse: ricerche su Google, maggiore accessibilità tramite messaggi di testo ed e-mail tra le sessioni, cellulari che vibrano nelle tasche e reti sociali online sovrapposte, giusto per citarne alcune.
Tuttavia, la professione della psicoterapia è storicamente specializzata nell'incontrare l'ansia all'interno di una cornice teorica in modo da riuscire a tollerarla, entrarci e arrivare a comprenderla meglio.
Perché non adottare questo schema per comprendere meglio la nostra relazione con il mondo in via di sviluppo?
Dopotutto, gli esseri umani si estendono nel mondo attraverso i loro strumenti e la tecnologia è semplicemente uno strumento altamente sofisticato che consente di farlo.
È il modo in cui vengono distribuiti gli strumenti che conta di più. Di base, internet è semplicemente uno strumento che trasporta informazioni di qualsiasi tipo dal punto A al punto B. E' come un treno merci virtuale (Naughton, 2012).
Un treno non è né buono né cattivo, ma può trasportare grano o rami. I social media online, come Facebook, Twitter e Instagram, trasmettono estensioni di noi stessi nel tentativo di relazionarci con gli altri. Come il treno merci, queste tecnologie sono limitate nel modo in cui lo fanno, ma questo è in definitiva ciò che fanno.
Modalità di espressione online
Queste piattaforme si basano sulle nostre più basilari azioni di ricerca di oggetti psicologici, come la motivazione a raggiungere e connettersi con gli altri, a riconoscere ed essere riconosciuti, a creare legami e a conoscere, a essere scoperti e scoprire, a cercare la soggettività dell'altro ed essere conosciuto dagli altri.
Tutte queste motivazioni sono attivate in vari modi sui diversi social network. L'attività psicologica di scoprire noi stessi negli occhi dell'altro continua semplicemente online.
Tuttavia, poiché la complessità è limitata su qualsiasi social network, ad esempio comunicando tramite testi e immagini piuttosto che con un'interazione più complessa della voce, del contatto visivo e del linguaggio del corpo, la natura dell'interazione è diversa.
Inoltre, poiché i social network online operano in un'estensione virtuale di uno spazio pubblico, invitano prontamente espressioni dell'Io al posto di ciò che potremmo chiamare “l'intera persona”. A causa di questa modalità di espressione limitata, i social network possono anche aumentare i processi di transfert e proiezione.
Comprendendo meglio le conseguenze di ciò, la comunità professionale degli psicologi e degli psicoterapeuti potrebbe influenzare lo sviluppo di tali reti per consentire loro di essere più produttivamente umane, emotive e psicologicamente sintonizzate.
Si potrebbe iniziare a pensare come le intuizioni psicodinamiche possano contribuire allo sviluppo di queste reti per consentire l'espressione di un sé più completo, ma anche di vedere come si può utilizzare la tecnologia per consentire un maggiore accesso alla visione psicologica per gli individui che la utilizzano, sia attraverso i social network, sia app o altri interventi tecnologici/psicologici.
Dopotutto, non tutti saranno in grado di sperimentare i benefici di una psicoterapia profonda, ma si potrebbero rendere le intuizioni psicoterapeutiche più prontamente disponibili attraverso tecnologie che stanno chiaramente diventando onnipresenti.
L'erogazione di servizi psicologici attraverso la tecnologia non è nuova, ma i risultati spesso mettono in pausa le persone.
Un esempio è costituito da Ellie, un avatar e psicologa virtuale che parla da uno schermo mentre scruta il cliente attraverso la webcam. Conosciuta anche come “SimSensei” la sua “programmazione multisenso” osserva:
“Comportamento umano automatico (che) identifica gli indicatori di disagio psicologico – traccia e analizza automaticamente in tempo reale, espressioni facciali, postura del corpo, caratteristiche acustiche, schemi linguistici e script comportamentali di livello superiore come l'attenzione e l'irrequietezza”, (Rizzo e Morency, 2014).
Mentre la sofisticazione del suo software ipersensibile schierato in nome dell'osservazione umana può rendere nervosi i suoi clienti, essi sono ammantati da un avatar piuttosto amichevole con una voce calda ed invitante.
Inoltre, al fine di costruire un rapporto, chiede ai suoi clienti da dove vengono (“Ah” dice il cliente, “anch'io vengo dalla California del Sud”), si ferma, annuisce e ha oltre 200 modi per farlo.
Senza dubbio questa idea di un 'umano virtuale', che offre un rapporto virtuale può provocare disagio - in questo caso è ancora più preoccupante sapere che Ellie è stata sviluppata da un braccio del dipartimento militare americano dell'Agenzia per i progetti di ricerca avanzata (Department of Advanced Research Projects Agency, DARPA), specializzato nella “creazione e prevenzione della sorpresa strategica”.
Se si fa un passo indietro, si può però notare qualcosa a cui forse non si è pensato. Ellie è stata sviluppata non come un'estensione degli strumenti di guerra, ma per il riconoscimento che coloro che partecipano in prima linea nelle guerre tendono ad essere giovani uomini – e questi giovani, che stanno tornando a casa con un probabile disturbo da stress post-traumatico sono le meno probabili che cerchino aiuto per parlare di ciò che hanno vissuto.
Questi uomini, pensano i militari, potrebbero essere più propensi a parlare con una macchina. Nonostante le perplessità che tale realtà può suscitare, bisogna comunque evidenziare come sia stata pensata una soluzione per aumentare l'accessibilità e raggiungere una popolazione demografica che può essere riluttante a cercare servizi psicologici.
È indubbio che la categoria professionale di chi si occupa di problemi di salute mentale privilegi la comunicazione diretta faccia a faccia come elemento necessario alla costruzione di autentici attaccamenti con i loro clienti. Tuttavia, ad oggi bisogna considerare che la tecnologia è onnipresente e in particolare per i più giovani, non è un qualcosa di consciamente separato dalla vita di tutti giorni, perché rappresenta la vita di tutti i giorni.
Il mondo digitale è un'estensione non neutrale delle vite psicologiche e andrebbe quindi affrontato come tale. La suddetta categoria professionale avrebbe quindi molto da offrire per umanizzare lo sviluppo di tali tecnologie ad un livello culturale più ampio.
Poiché la psicoterapia è un “uso del Sè”, la natura stessa di chi siamo con i nostri clienti richiede di riflettere attentamente su come la tecnologia può migliorare o interferire con lo spazio psicoterapeutico.
Spesso, i dubbi che attanagliano gli psicologi e gli psicoterapeuti riguardano le scelte da compiere online, come gestire un cliente via mail o via messaggi, se avere un profilo Facebook o LinkedIn, e sono proprio questi dubbi che spesso provocano ansia.
Per questi motivi, molti psicoterapeuti scelgono di evitare di confrontarsi con tale aspetto e di voltare la testa dall'altra parte. Anche se questa potrebbe essere una scelta ben sensata per alcuni, se non è una scelta attiva e informata, è probabile che sia tutt'altro che liberatoria.
Nonostante questo possa beneficiare alla relazione terapeutica e alla protezione della visione psicoterapeutica, le conseguenze plausibili potrebbero riguardare una mancanza di conoscenza di quel mondo in cui risiedono gran parte dei propri clienti.
Conclusioni
In quanto disciplina, la comunità professionale dovrebbe partecipare attivamente al costante sviluppo di tecnologie per garantire che le parti più elusive della relazione umana – in particolare l'importanza dell'interazione reale e autentica da persona a persona siano preservate e possibilmente migliorato all'interno di un mondo che si sta attualmente più inclinando verso il marchio personale, la performance dell'Io e l'oggettivazione interpersonale.
Tratto dalla rivista “Contemporary Psychotherapy”
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Bibliografia
- Duggan, M. and Smith, A. (2013). Social Media Update 2013. Pew Internet and American Life Project.
- Balick, Aaron. (2014). The Psychodynamics of Social Networking: connected-up instantaneous culture and the self. London: Karnac.
- Naughton, J. (2012a). From Gutenberg to Zuckerberg; what you really neeed to know about the Internet. London: Quercus.
- Rizzo, A., and Morency, L. (2014). SimSensei. USC Institute for Creative Technologies.