Un articolo introduttivo sulla realtà virtuale, per comprendere quali le implicazioni attuali e le prospettive future

di Francesca Di Girolamo

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La nascita della Realtà Virtuale si fa risalire al 1989, anno in cui il dottor Jaron Lanier coniò il termine ‘Virtual Reality’ e fondò la "VPL Research" (Virtual Programming Languages), la prima compagnia di ricerca sulla Realtà Virtuale.

Per capire cos’è la Realtà Virtuale vorrei fare un passo indietro e provare a definire, forse in maniera semplicistica ma utile ai nostri scopi, cos'è la Realtà, quella vera. La Realtà è l'elaborazione da parte della nostra mente di tutti i dati che ci arrivano attraverso i sensi. Potremmo dire che altro non è che una combinazione di informazioni sensoriali. La Realtà Virtuale invece è un inganno dei nostri sensi. E' il risultato dell'elaborazione da parte del nostro cervello di informazioni sensoriali create digitalmente. Ovviamente ingannare il nostro stesso cervello non è facile, la realtà dev'essere replicata quanto più accuratamente possibile dal punto di vista visivo, uditivo e per certi versi anche tattile e le informazioni devono essere coerenti e prevedibili come vedremo più avanti.

Fondamentali per quest’inganno sono due fattori:

  1. La presenza ovvero il livello di realismo psicologico che un soggetto esperisce dall'interazione con il mondo virtuale, interazione che è coerente rispetto alle aspettative e alle previsioni. Ad esempio, se il soggetto afferra una penna e la lancia, questa si muoverà in relazione alla traiettoria e alla forza di lancio e, ovviamente, cadrà a terra esattamente come il soggetto si aspetta che faccia;
  2. L'immersione ovvero la capacità dell'ambiente virtuale di coinvolgere direttamente il soggetto sia a livello sensoriale che cognitivo. Tornando all'esempio della penna, il soggetto vedrà la penna staccarsi dalla sua mano nel momento esatto in cui lascia la presa e la vedrà muoversi secondo la traiettoria di lancio.

 

La Realtà Virtuale in Psicoterapia

Diversi studi e meta-analisi considerano la Realtà Virtuale come strumento coadiuvante la psicoterapia perché permette di mediare tra lo studio del terapeuta e il mondo reale (Vincelli & Riva, 2007). L'esperienza che si fa attraverso questo strumento innovativo è sicuramente immersiva e coinvolgente a livello cognitivo e percettivo come abbiamo detto, ma è anche controllata e condivisa con il terapeuta. Lui è lì a calibrare l'esposizione e a guidare il paziente. Si ha il tempo e il modo di soffermarsi sulle emozioni, queste si possono pensare, contenere ed elaborare in maniera sempre più consapevole.

Nel trattamento di alcune sintomatologie la Realtà Virtuale possiede diversi notevoli vantaggi. Pensiamo ad esempio al trattamento dei Disturbi d'Ansia: questo strumento consente di fare esperienze altrimenti quasi impossibili, se non in fantasia, come recarsi in un aeroporto e salire su di un aereo, salire su un palco e trovare una platea che ascolta, oppure affacciarsi da un balcone al settimo piano. Si superano in questo modo i limiti ma anche i costi e i rischi di un'esposizione reale. Inoltre va considerato che a volte la possibilità del paziente di immaginare l'interazione con lo stimolo fobico è compromessa da un'attivazione troppo soverchiante. Usare la Realtà virtuale ci consente di ovviare a questa difficoltà oggettiva.

Lo psicoterapeuta costruisce per ogni singolo paziente una gerarchia di stimoli critici che sono alla base della sintomatologia su cui si vuole lavorare e pianifica un programma di desensibilizzazione, esponendo il soggetto all’esperienza in maniera graduale. Può esporre il paziente allo stimolo minaccioso controllandone diversi aspetti (intensità, grandezza, distanza…), evitando ogni rischio di ri-traumatizzazione e identificando più agevolmente le angosce sottostanti il sintomo.

Gli ambienti a cui si espone il paziente in Realtà Virtuale proprio perché, come abbiamo detto, sono protetti e controllati, offrono la possibilità di emozionarsi ed agire potenziando i propri punti di forza. È ovviamente indispensabile, perché tutto questo avvenga, che il terapeuta possa ascoltare il paziente e dialogare con lui.

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Il dott. Albert Rizzo dell’Institute for Creative Technology della University of Southern California, ha lavorato sul disturbo post-traumatico da stress dei veterani riproponendo loro, in maniera graduale, situazioni stressanti (Rizzo et al, 2005). Il sistema messo a punto da Rizzo, con il quale si propone di curare 150 reduci, è semplice: “Il paziente”, afferma il ricercatore “è immerso in una realtà tridimensionale in cui assiste a scene analoghe a quelle che lo hanno portato a sviluppare la patologia: uccisioni, esplosioni, massacri. Uno psicologo supervisore dosa la violenza delle scene in base alla risposta del paziente”. L'idea è quella di restituire al paziente le emozioni che hanno provocato il trauma, ma questa volta in un ambiente protetto e con la guida del terapeuta.

Rispetto all'applicazione della Realtà Virtuale nel trattamento dei Disturbi del Comportamento Alimentare al momento c'è un progetto italiano molto interessante portato avanti dal professor Riva, docente di Psicologia della Comunicazione all’Università Cattolica di Milano e dal dottor Vicentini, presso la Villa Santa Chiara a Verona. Per trattare i pazienti affetti da DCA viene applicato un protocollo integrato in regime di ricovero che prevede fasi:

  1. Costruire l’avatar in base a come la persona vede se stessa e allo stesso tempo il terapeuta disegna una figura realistica del paziente. Quindi i due disegni vengono messi a confronto;
  2. Affrontare, tramite l’avatar, le situazioni che risultano più problematiche e stressanti;
  3. Imparare a riconoscere e gestire le proprie emozioni tramite l'”immersione” dell’avatar in situazioni significative per il paziente. Così, è possibile affrontare le difficoltà ma in un ambiente protetto e strutturato.

I pazienti attraverso questo percorso imparano, muovendosi in ambienti ricostruiti al computer, ad avvicinarsi alle persone e al cibo dapprima in modalità virtuale, aggirando così le resistenze che possono ancora esserci di fronte a quello vero. Naturalmente questo trattamento può essere effettuato solo in regime di ricovero e sotto la supervisione di un terapeuta esperto che accompagna le esperienze vissute attraverso l’Avatar con un percorso cognitivo che permette una ristrutturazione cognitiva più profonda.

Infine, un altro ambito in cui la Realtà Virtuale può essere utilizzata è il trattamento del dolore acuto: la Realtà Virtuale può infatti facilitare l'efficacia delle tecniche ipnotiche utilizzate per ridurre la percezione del dolore oppure, durante le procedure mediche, aiuta ad indirizzare l’attenzione del paziente verso uno scenario virtuale così da lasciare meno risorse cognitive per gli stimoli neurali attivati dai recettori del dolore.

 

Prospettive future

I possibili sviluppi futuri sono davvero entusiasmanti. La Realtà Virtuale sta diventando sempre più accessibile e questo rende sempre più necessario riflettere rispetto ai possibili cattivi usi che se ne possono. Secondo alcuni studiosi (Wiederhold & Wiederholh, 2003) esistono categorie di pazienti per i quali sono sconsigliate psicoterapie condotte mediante Realtà Virtuale, in particolare persone affette da gravi patologie cardiache, tossicodipendenti, persone affette da epilessia e persone con problematiche riguardanti la percezione della realtà, pensiamo ad esempio a psicotici che hanno già di per sé un senso della realtà compromesso. In questo caso, introdurre la realtà virtuale sarebbe controproducente, nonché dannoso per il paziente.

Da quanto detto finora è chiaro che la Realtà Virtuale può essere un prezioso materiale di aiuto per il terapeuta nel trattamento di molteplici patologie. Di fatto permette al terapeuta e al paziente di intensificare il percorso e di ridurne i tempi ma dobbiamo tenere sempre a mente che si tratta di uno strumento e l'efficacia del suo utilizzo, soprattutto in ambito psicoterapico, è sempre subordinata alle capacità e alle competenze del terapeuta.

Alcuni colleghi ritengono che la Realtà Virtuale possa essere compatibile solo con terapie di orientamento cognitivo-comportamentale ma per molti, e questo è anche il mio personale punto di vista, non è così. La Realtà Virtuale può favorire un processo di cambiamento se inserita all’interno di un percorso più ampio e in questo percorso alcuni si focalizzano sull’insight, altri sulla riorganizzazione degli schemi oppure sull'analisi funzionale dell’attivazione e così via. Si tratta di uno strumento, va integrato all’interno di una cornice, la differenza la fa sempre il terapeuta.

 

(immagine Persone vettore creata da pikisuperstar - it.freepik.com)

 

articolo a cura della Dottoressa Francesca Di Girolamo

 

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