Secondo la psicoanalisi delle relazioni oggettuali in qualità di oggetto, il cellulare spesso funge da centro di comando per i nuovi attaccamenti sociali, emotivi e personali. In tal senso, lo smartphone porta con sé non solo una nuova tecnologia di comunicazione, ma anche una nuova modalità di percepire e studiare le relazioni umane.
Di Giorgia Lauro
Tutti noi possediamo un telefono cellulare. Lo conosciamo anche con il termine di dispositivo mobile o smartphone. Per l'insieme delle sue caratteristiche rappresenta un oggetto culturale e tecnico complesso.
La tecnologia che ha conferito forme sempre più diverse allo smartphone è allo stesso tempo capace di generare un'esperienza psicosociale dirompente, mutevole e contenitiva di tutti quei cambiamenti che caratterizzano la società attuale (Elliot & Urry, 2010).
Lo smartphone si pone quindi come vettore principale per vivere esperienze contemporanee – cognitive, emotive e pratiche – provocando alcuni sconvolgimenti nel modello della vita culturale e psicosociale.
Tali sconvolgimenti invitano all'ansia e al commento, producendo analisi riflessive e di pensiero attraverso discorsi pubblici che risultano essere influenzati dalle proprietà emotive, intime e inconsce del dispositivo mobile inteso come “oggetto”.
La psicoanalisi delle relazioni oggettuali fornisce un quadro teorico altamente evocativo per esplorare l'esperienza contemporanea del telefono cellulare, che è legato ai processi inconsci della relazione con gli oggetti come modalità di sperimentare il sé e di intrattenersi con il mondo.
La modalità con cui i grandi colossi tecnologici ci invogliano sempre di più ad un legame con i nostri smartphone, sempre più intelligenti e capaci di farci immergere in esperienze sensoriali virtuali più profonde, è allo stesso tempo controbilanciato da un invito alla prudenza.
Sono già diversi anni che molti studiosi hanno iniziato a parlare di una sindrome nota come “Nomofobia”, ossia la paura che può subentrare in alcune persone di perdere o allontanarsi dai loro telefoni cellulari.
Secondo Castells (2007), il dispositivo mobile ha introdotto una socialità apparentemente più complessa, in quanto ha ampliato gli array comunicativi generando, paradossalmente, un “individualismo della rete” che è però globale, cioè caratteristico del periodo contemporaneo.
Da un punto di vista psicologico il cellulare produce un'assertività individualistica. Per quanto capaci di generare infinità di connessioni, questi vengono raramente condivisi, in quanto oggetto di un'attenzione esclusivamente personale, divenendo così sia un canale che un oggetto di eccitazione, uno specchio per progettare e ricevere materiale informatico e affettivo, un palco e uno schermo per impegni quotidiani e attaccamenti emotivi.
Nonostante la sua accezione personale, in termini di utilizzo, il cellulare racchiude comunque le preoccupazioni di un contesto sociale molto più ampio, in quanto è al suo interno, attraverso le sue App che si genera la costruzione del soggetto culturale. In sintesi, lo smartphone rappresenta un'inflessione in via di sviluppo all'interno delle strutture sociali contemporanee.
Il cellulare solleva domande sull'identità, sul senso di autostima, sulla creatività ed il desiderio. Apre nuove capacità, facilità modalità di intimità che sono immediate ma che tuttavia possono solo apparentemente trascendere i limiti del tempo e dello spazio (Hjorth & Lim, 2012).
Se è pur vero che il cellulare favorisce l'instaurarsi di relazioni fluide ma complesse, può anche essere visto come un oggetto che viene utilizzato in modo difensivo per ritirarsi in posizioni psicologiche regressive in cui la comunicazione con il mondo esterno può essere vissuta come strutturata o sorvegliante.
Gli autori del presente articolo, Iain MacRury e Candida Yates, della Bournemouth University, UK, propongono una spiegazione del motivo per cui il cellulare mantiene questo primato in quanto oggetto di fascino osannato dalle grandi multinazionali, ma anche motivo di preoccupazione sociale dei diversi contesti accademici. Secondo gli autori, al di là della sua cultura e del significato pratico-funzionale, il cellulare è divenuto di centrale importanza negli studi inerenti l'inconscio.
In particolare, in qualità di oggetto, il cellulare spesso funge da centro di comando per i nuovi attaccamenti sociali, emotivi e personali. In tal senso, lo smartphone porta con sé non solo una nuova tecnologia di comunicazione, ma anche una nuova modalità di percepire e studiare le relazioni umane.
Il cellulare, secondo una visione psicoanalitica, è quindi potente rappresentazione inconscia di connessione e disconnessione, che evoca il pensiero, l'analisi, il commento e trasmette sentimenti. Sulla scia di quanto sostenuto da Christopher Bollas (2009) il cellulare è divenuto un un particolare tipo di “oggetto evocativo”, costringendoci a “pensare e ripensare” l'esperienza psicosociale.
La cultura del “mobile” secondo la psicoanalisi
Le idee psicoanalitiche hanno offerto diverse prospettive per inquadrare teoricamente le nuove modalità relazionali sorte nella cultura contemporanea.
Dal punto di vista teorico, la teoria delle “relazioni oggettuali”, i cui autori centrali sono Melanie Klein (1937,1946), Donald Winnicott (1971), e Thomas Ogden (1992), offre un utile idioma per pensare al cellulare. Winnicott in particolare, ha sottolineato l'importanza degli attaccamenti e della prima relazione tra il bambino e sua madre per la formazione dell'identità e dell'individualità.
Le prospettive delle relazioni oggettuali aiutano a catturare la complessità della vita intersoggettiva. Come sostiene Ogden:
“La teoria delle relazioni oggettuali, spesso erroneamente ritenuta una teoria esclusivamente interpersonale che distoglie l'attenzione dall'inconscio, è invece fondamentalmente una teoria delle relazioni oggettuali interne inconscia della dinamica interattiva con l'attuale esperienza interpersonale” (Ogden, 1986; pp.131).
Questo filone del pensiero psicoanalitico non è altro che un'apripista rispetto alla comprensione del concetto di “oggetto” e “spazio” che hanno aiutato gli autori a cogliere l'instabilità e la paradossale qualità del cellulare e dei suoi utilizzi.
L'oggetto transizionale
Il cellulare è spesso identificato come “paradossale” perché gioca sui confini. A livello pratico e di immaginazione, il telefono mescola presenza e assenza, io/non io, soggetto oggetto, al punto da mescolare queste cose dentro di noi. Queste caratteristiche psichiche insite negli strumenti tecnologici sono in grado di provocare ansia a diversi livelli.
Come osservato da McLuhan (1964) il cellulare può essere concepito come un'estensione. A tal proposito, gli autori hanno quindi deciso di fornire un'esplorazione più approfondita del concetto Winnicottiano dell'oggetto di transizione e di spazio potenziale al fine di comprendere meglio la varietà di distorsioni patologiche che si possono sperimentare attraverso l'uso del telefono cellulare.
A partire dall'approccio di Winnicott (1971), Kahr (2016) sostiene che lo smartphone può presentare alcune somiglianze con gli oggetti “speciali” , ossia quelli “creati” dai bambini piccoli durante le attività di gioco. Tali attività muovendosi lungo una caratterizzazione di alcune tappe evolutive generano una trasposizione tra elementi esterni ed interni al punto che l'oggetto speciale si tramuta in un giocattolo specifico.
Indipendentemente dalle caratteristiche, “forse l'angolo di una coperta, o una parola o una melodia, l'oggetto diventa di vitale importanza per il bambino” (Winnicott, 1971).
L'oggetto è importante nella formazione del sé e nei processi di separazione e connessione tra il mondo oggettuale e il mondo degli oggetti interni, “un'area intermedia dell'esperienza, alla quale contribuiscono sia la realtà interiore che la vita esteriore” (ibidem).
L'oggetto di transizione è infatti, come sostenuto da Bowlby (2008) un terreno di prefigurazione di quel lavoro di separazione e attaccamento che si estende ben oltre l'infanzia.
“L'uso di un oggetto simboleggia l'unione di due cose separate, bambino e madre, nel punto del tempo e dello spazio dell'inizio del loro stato di separazione “(Winnicott, 1971).
L'oggetto di transizione e le conquiste evolutive implicate nell'uso fattuale di questo oggetto sono successivamente di vitale importanza per lo sviluppo umano. L'oggetto di transizione, l'uso che ne viene fatto è l'inizio dell'esperienza culturale, ma anche, un'apertura per lo sviluppo di aspetti quali reciprocità e creatività (Winnicott, 1963).
Elemento evolutivo fondamentale in questa narrazione è che l'oggetto transizionale prefigura il raggiungimento di un altro risultato significativo e paradossale: la capacità di essere soli alla presenza della madre. È proprio questa “capacità di essere solo” che segna una tappa fondamentale per una vita indipendente, creativa ed emotivamente impegnata (Winnicott, 1958).
Nel mondo contemporaneo il fragile legame tra la solitudine, creatività e l'appartenenza psicosociale rimane un tema perenne (Turkle, 2011). In tal senso, il telefono cellulare si presenta come una modalità alternativa di concepire un “oggetto transizionale”, ossia una figurazione pratica di questo primo “oggetto speciale”.
Il cellulare drammatizza e mette in scena “lo spazio potenziale” di cui si parla nella psicoanalisi delle relazioni oggettuali. Come sostiene Thomas Ogden:
“L'oggetto di transizione è un simbolo di separazione dall'unità. È cioè allo stesso tempo il bambino (l'estensione di sè stesso creata in modo onnipotente) e il non-bambino (un oggetto che ha scoperto essere al di fuori del suo controllo onnipotente). L'instaurarsi di una relazione con un oggetto di transizione non è semplicemente una pietra miliare nel processo di separazione-individuazione. Il rapporto con l'oggetto di transizione è un riflesso altrettanto significativo dello sviluppo della capacità di mantenere un processo dialettico psicologico” (Ogden, 1992).
Alla luce di tali riflessioni, gli autori ritengono che quando le persone parlano attraverso i telefoni cellulari, esplorano i processi psicologici implicati nello spazio potenziale.
Alcune delle ricerche attuali (Turkle, 2013, 2011; Woodward, 2011; Johnson, 2010; Hills, 2007) hanno cercato di soffermarsi sugli aspetti inconsci connessi ai dispositivi mobile, cioè in che modo l'uso dei cellulari come “oggetti” possono evocare risonanze con le prime esperienze infantili.
Questi studi hanno applicato la nozione di “oggetto di transizione” all'interno di un quadro etnografico che cerca di comprendere il posto della tecnologia nel delicato nesso degli attaccamenti, separazioni e intrecci caratteristici di domini specificamente contemporanei come l'amore (Johnson, 2010), la vita familiare ( Ribak, 2009), la scuola (Kullman, 2010), e l'emancipazione adolescenziale (Ling, 2007).
In questi casi, il cellulare diventa un mezzo nella gestione pratica ed emotiva della separazione e dello sviluppo. Ad esempio, Ling evidenzia la natura dialettica del cellulare da parte degli adolescenti. Da un lato esso funge da cordone ombelicale molto esteso, ma dall'altro segna una triangolazione relazionale i cui protagonisti sono il bambino, la tecnologia ed il genitore.
Come sostiene Margaret Heffernan (2013):
“Il telefono cellulare, sostituendosi al peluche, è diventato l'oggetto di transizione dell'adulto in quanto evoca un senso di comfort e appartenenza. Ci aggrappiamo ai telefoni per dimostrare di conoscere almeno un'altra persona, che siamo soli solo apparentemente perché abbiamo connessioni.”
Anche Balick (2016), occupandosi da molti anni di cultura digitale, scrive che come cultura “noi abbiamo reinventato l'oggetto transizionale. Solo che piuttosto che una coperta pelosa o un peluche, è uno smartphone”.
Lo spazio potenziale
Lo spazio potenziale può essere inteso come spazio interno ed esterno del Sè che svolge un ruolo chiave nell'esperienza di transizione.
Queste esperienze interiori ed esteriori evocano una terza area, “un'area che deve esistere come luogo per l'individuo in cui può 'riposarsi' dal compito umano perpetuo di mantenere la realtà interiore ed esteriore separate e contestualmente interrelate” (Winnicott, 1971).
Il termine area utilizzato da Winnicott sottolinea che l'oggetto di transizione ed il suo utilizzo rappresentano e mettono in atto un'incidenza “di e all'interno” di uno “spazio”.
La capacità del cellulare di rappresentare questo “luogo di riposo” e le interruzioni che ne derivano rappresentano componenti della nostra esperienza di soggettività, cultura e dei significati insiti in questi contesti.
Conclusioni
Come provato ad enunciare nel presente articolo, l'utilizzo spesso spasmodico che oggi si fa del cellulare rappresenta il simbolo di ansie più profonde legate ad esperienza di disconnessione e perdita tipiche del mondo ipermoderno.
L'attuale epoca neoliberista ha generato la diffusione di pratiche e valori dello strumentalismo, ridistribuendo le modalità di relazionarsi affettivamente e intimamente sia nello spazio che nel tempo, divenendo luoghi in cui il cellulare sembra offrire un sostituto insufficiente per altre intimità che sono andate perse.
Allo stesso tempo, una lettura unilaterale genererebbe solo una visione negativa dell'avvento tecnologico nell'attuale società contemporanea. Le qualità allettanti degli smartphone evocano desideri di connessione significativa che, a livello psicologico, si distribuiscono lungo relazioni più complesse e stratificate tra il Sè, l'oggetto ed il mondo esterno.
Come sostenuto da Turkle (2011), il mobile sembra far emergere un'esperienza di intimità che sfugge all'impulso narcisistico di padronanza che spesso sembra plasmare la comunicazione attuale. Le nuove modalità di tessere relazioni e intimità richiamano implicitamente il paradigma Winnicottiano dei fenomeni di transizione, atti a enfatizzare i processi interattivi tra il Sè e l'altro.
Da questa prospettiva, il mobile apre nuovi spazi per la creatività e l'estensione del sé, in cui i vecchi confini di tempo, spazio e alterità vengono trascesi per creare nuove intimità e scoprire nuove modalità di relazionarsi tra loro attraverso piattaforme multimediali.
Questo resoconto richiama ciò che Ogden definisce come “Trasformazione della terza unità” del bambino (Ogden, 1992), con cui il bambino si muove da uno stato di fusione con la madre ad uno di separazione, quando emerge la 'terza' esperienza. Tuttavia, come sostiene l'autore l'esperienza della separazione non è uno stato fisso ma piuttosto un processo dialettico in corso, in cui il bambino (e in seguito l'adulto) non si separa mai completamente dal primo oggetto ma rielabora quella relazione in diversi contesti.
Gli aspetti temporali e spaziali dell'uso del cellulare in un mondo globalizzato consentono quindi lo sviluppo di nuove concezioni per un “Sè mobile riflessivo” (Elliot & Urry, 2010).
Da questa prospettiva, il cellulare funziona come estensione portatile di quel Sè, plasmato da un “inconscio tecnologico” che consente al soggetto di negoziare “le possibilità produttive di un network globale” (ibidem).
In questo scenario le possibilità produttive di un ambiente virtuale possono essere viste come analoghe al modello di “madre sufficientemente buona” di Winnicott. Il mobile, per quanto complesso e sempre più sfumato, può quindi essere visto come un contributo ed un funzionamento all'interno di un nesso di relazioni psicosociali e tecnologiche che turbano le relazioni individuali, ma che consentono, al tempo stesso, modalità di relazionarsi dialettiche tipiche dello spazio potenziale.
Come oggetto di piacere e di frustrazione, il simbolismo del telefono cellulare è quindi significativo perché evoca un profondo desiderio di connessione come conseguenza di una perdita di essa all'interno dei nuclei familiari originari.
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Bibliografia
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