Nel presente articolo, pubblicato sulla rivista “Professional Psychology Research and Practice”, vengono discussi alcuni potenziali problemi di confine che potrebbero sorgere nel contesto della telepsicologia.
di Giorgia Lauro
Con il termine Telepsicologia, secondo le definizioni fornite dall'American Psychological Association (APA, 2013) si fa riferimento all'uso delle tecnologie di telecomunicazione per fornire servizi psicologici tramite strumenti quali telefono, posta elettronica, messaggistica, videoconferenza, applicazioni mobile e programmi internet-based.
Essendo in forte espansione, la letteratura ha discusso gli aspetti legali, le preoccupazioni etiche, le sfide, le opportunità e l'insieme di vantaggi e svantaggi (Baker & Bufka, 2011; Maheau et al., 2012; Yuen et al., 2011), l'efficacia del trattamento (Barak et al., 2008), le raccomandazioni pratiche (Judge et al., 2011) e le linee guida (APA, 2013).
Nonostante una certa parte della letteratura sia stata dedicata alle questioni relative ai confini nell'uso della tecnologia online da parte degli psicologi, ad esempio considerazioni se “essere amici” sulle piattaforme di social media o la ricerca di informazioni da parte del clinico sul proprio cliente (Kolmes, 2012), una scarsa attenzione è stata invece dedicata ai cosiddetti “boundaries”, ossia i confini professionali nel contesto della telepsicologia.
È per questo motivo che i ricercatori del presente articolo (Drum & Littleton, 2014) hanno cercato di delineare e discutere alcuni potenziali problemi di confine che potrebbero sorgere in questo nuovo contesto. A tal proposito hanno inoltre fornito alcune raccomandazioni sulle best practice per la prevenzione e gestione di questi problemi.
L'utilità clinica e le questioni salienti relative ai confini
L'insieme di regole che governano e dirigono la relazione terapeutica prendono il nome di confini. La particolare accezione che questi rivestono nel contesto psicoterapeutico consente di poterli differenziare da una generica relazione sociale o d'affari (Knapp & Slattery, 2004).
Gli elementi strutturali che caratterizzano i confini riguardano il tempo, lo spazio o il luogo, il denaro e tutti quei fattori di contenuto che riguardano la relazione tra psicoterapeuta e cliente. Parlare di confini significa quindi far riferimento a questioni come chi è il cliente, quale sarà il pagamento, dove e quando avrà luogo la terapia, come gestire le relazioni multiple e come risolvere eventuali problemi circostanti.
Altri aspetti caratterizzanti i confini riguardano l'annullamento degli appuntamenti, la riprogrammazione di questi, come viene gestito un mancato pagamento, quali tipologie di interazioni sono accettabili, problemi relativi alla self-disclosure del terapeuta, problemi relativi alla vicinanza (quale distanza fisica dev'esserci tra cliente e terapeuta), abbigliamento e uso del linguaggio (Gottlieb et al., 2009; Zur, 2007).
Si può quindi dedurre che l'utilità dei confini sta nel tracciare una guida rispetto alla natura della relazione terapeutica, aiutando i due protagonisti a regolare il proprio comportamento con il fine ultimo di massimizzare i risultati clinici e ridurre al minimo i danni (Zur, 2007)
I confini divengono così anche facilitatori della costruzione dell'alleanza di lavoro, in quanto modellano la capacità di assertività del cliente oltre a garantire l'integrità della relazione (Smith & Fitzpatrick, 1995).
Anche dal punto di vista del clinico, la presenza di confini e regole ben chiare aiutano a prevenire un eventuale coinvolgimento del professionista o la messa in atto di comportamenti eticamente rischiosi come l'instaurarsi di relazioni inappropriate e multiple con i clienti. Già all'interno di una relazione terapeutica in presenza la letteratura ha segnalato problemi di confini inclusi quelli relativi a luogo e spazio, tempo, denaro, ruolo, regali, contatto fisico, rivelazione di sé e contatto sessuale (Gutheil & Gabbard, 1993).
A tal proposito è bene anche operare una distinzione tra due tipologie di violazione dei confini. Esistono infatti gli attraversamenti dei confini ossia un momento della relazione terapeutica in cui si presentano lievi allentamenti delle regole che in alcuni casi possono rallentare o addirittura compromettere una terapia (Smith & Fitzpatrick, 1995).
Gli attraversamenti di confine includono deviazioni minori dalla tipica relazione terapeutica come ad esempio partecipare alla sessione di laurea del cliente dopo essere stato invitato o dare al cliente un abbraccio al termine della seduta terapeutica.
Le violazioni di confine, d'altra parte, sono tendenzialmente più gravi e sono deviazioni dalla pratica clinica che rappresentano un serio rischio per il cliente e/o il processo terapeutico (Smith & Fitzpatrick, 1995; Gutheil & Gabbard, 1993).
Le violazioni dei confini sono rappresentate comunemente da violazioni etiche come il coinvolgimento in una relazione sessuale o pratiche commerciali in cui il terapeuta cerca di trarre vantaggi dal cliente (Zur, 2007; Williams, 1997).
Nel complesso, gli attraversamenti di confine possono avere un potenziale terapeutico, neutro o dannoso in base ad una moltitudine di fattori che devono essere considerati; al contrario le violazioni di confine sono sempre dannose.
Pertanto il mantenimento di adeguati confini terapeutici è essenziale e dev'essere questo lo spunto di partenza per poter allargare lo sguardo al mantenimento dei confini in un ambiente virtuale come quello della telepsicologia.
Verranno adesso presentati più nel dettaglio i potenziali problemi di confine in ambito telepsicologico.
Rispetto all'attraversamento dei confini, nell'ambito di una relazione terapeutica virtuale, questi hanno il potenziale di divenire dannosi in quanto richiedono una maggiore flessibilità nella scelta di tempo e spazio, così come nella modalità di interazione e comportamenti.
Nonostante la telepsicologia consenta indubbiamente un maggior accesso alle cure, nonché la fornitura di maggiori servizi specialistici in termini di salute mentale, allo stesso tempo la sua caratteristica di flessibilità, qualora portata agli estremi – ad esempio, interazioni più informali o lavorare in luoghi pubblici - può notevolmente compromettere la professionalità del rapporto andando così a compromettere gli obiettivi terapeutici.
Inoltre, la possibilità che cliente e clinico possano comunicare attraverso mezzi di telecomunicazione comunemente utilizzati nel campo delle interazioni personali e sociali (chat istantanea, e-mail e videoconferenza), fa sì le comunicazioni divengano più istantanee, in quanto la dimensione del tempo tende ad assumere una valenza diversa. In tal senso, sia il clinico che il paziente possono scambiarsi informazioni o comunicazioni a qualsiasi ora del giorno o della notte, e possono entrare virtualmente l'uno nella casa dell'altro.
Il maggiore senso di intimità che potenzialmente potrebbe instaurarsi potrebbe rappresentare una prima sfida di confine su cui operare riflessioni etiche (Goss, 2011).
Nella prassi generale dei percorsi psicologici e/o psicoterapeutici, il tempo è uno dei confini principali in quanto delinea i punti di riferimento per l'inizio e la fine dell'incontro terapeutico, e crea nel paziente la percezione che gli sforzi insiti nel processo terapeutico abbiano una dimensione temporale specifica (Gutheil & Gabbard, 1993).
Nella dimensione virtuale il tempo è invece scandito da due tipologie di comunicazione: una comunicazione sincrona, cioè in tempo reale ed una asincrona, cioè ritardata o non in tempo reale (Barak, 1999).
Le comunicazione sincrone riguardano sessioni telefoniche, video e audio conferenza, chat privata o di gruppo online in tempo reale. Le comunicazioni asincrone riguardano invece tutte quelle attività di corrispondenza ritardate come l'invio di e-mail o file audio/video pre-registrati.
I problemi di confine nella relazione terapeutica in presenza si presentano tipicamente sotto forma di arrivi anticipati o tardivi, prolungamento della sessione terapeutica, eccessivi contatti fuori sessione e via dicendo (Zur, 2007).
Questi problemi possono ovviamente manifestarsi anche nel contesto della telepsicologia e possono essere più frequenti a causa della flessibilità offerta dallo strumento tecnologico, facendo sì che l'ambiente di lavoro sia meno regolamentato e/o strutturato.
Rispetto al tempo, i ritardi possono essere dovuti ad un mancato funzionamento dell'apparecchiatura tecnologica, così come problemi legati alla connessione. Anche le estensioni delle sessioni possono essere maggiori perché la percezione dello scorrere del tempo in un ambiente virtuale sembra essere differente rispetto alla sessione in presenza.
Per quanto concerne la comunicazione asincrona possono anche verificarsi problemi di confine. Mentre i clienti possono impegnarsi in tale modalità di comunicazione durante le ore non lavorative, per psicologi e psicoterapeuti questo potrebbe essere controindicato. Fornire feedback durante le ore non lavorative può portare i clienti ad aspettarsi feedback istantanei e considerare la disponibilità del terapeuta come imprevedibile.
Inoltre, alcuni clienti potrebbero voler interagire numerose volte al giorno e sebbene non esista una velocità o una frequenza giusta o sbagliata di interazione, il clinico dovrebbe impostare alcune regole in cui chiarisce quando e quanto stabilire un'interazione asincrona, al fine di evitare alterazioni del rapporto terapeutico.
Problemi e considerazioni sul setting
Il luogo e lo spazio dell'incontro terapeutico, il cosiddetto Setting, si pone come elemento imprescindibile per lo sviluppo della relazione terapeutica, in quanto crea un senso di sicurezza e comfort per il cliente, nonché di tutela per il professionista.
Nel contesto della telepsicologia, il rapporto che si instaura va oltre la semplice struttura fisica e per questo, secondo gli autori, potrebbero porsi diverse sfide. Primariamente la flessibilità della telepsicologia di poter lavorare ovunque e in qualsiasi momento può indurre clinici e clienti a interagire terapeuticamente in luoghi pubblici.
Sebbene possa sembrare innocuo interagire con un cliente da un luogo pubblico, per il clinico vi è il rischio di violare la riservatezza del cliente e per il paziente, la presenza di stimoli ambientali distrattori potrebbero interferire con la piena elaborazione del contenuto terapeutico.
Inoltre, un'eventuale scelta da parte del cliente di interagire mentre si trova in un luogo pubblico potrebbe essere un modo per evitare difficoltà terapeutiche o un tentativo di rendere la relazione meno formale e più sociale.
Altre questioni specifiche inerenti il setting e l'impostazione terapeutica riguardano tutti quegli elementi visibili e udibili per il cliente quando si utilizzano strumenti tecnologici. Ad esempio, la scelta di un luogo ed un abbigliamento meno formale da parte del terapeuta potrebbe esporlo al rischio di essere percepito dal paziente più nel “ruolo” amicale che terapeutico (Andersen et al., 2001).
Inoltre, poiché le comunicazioni video non consentono una visuale ampia della stanza da cui opera il clinico, questo può tradursi in un'atmosfera che viene percepita come meno inclusiva e accogliente.
Allo stesso tempo, quando i clienti interagiscono dalle loro abitazioni domestiche, potrebbero non considerare che le fotografie di famiglia visibili al cinico potrebbero innescare rivelazioni indesiderate dell'identità dei propri cari.
Oppure, la presenza di oggetti o contenuti personali che il cliente preferirebbe non divulgare, potrebbero invece essere svelati involontariamente. Questo pone nel clinico alcune riflessioni su quanto questa auto-rivelazione sia effettivamente involontaria.
Un altro problema specifico secondo Kolmes (2012) riguarda l'uso di strumenti online per promuovere e descrivere i servizi di telepsicologia. Tutti quei clinici che non incontrano fisicamente i propri pazienti, utilizzano siti web per dettagliare i servizi offerti oppure ricorrono ai social network per promuovere le loro attività.
Sebbene tali mezzi possano rivelarsi efficaci su chi è il terapeuta e di cosa si occupa, allo stesso tempo il problema sorge circa la sua capacità di stabilire limiti terapeutici appropriati. Ad esempio, può capitare che alcuni professionisti nel tentativo di apparire accessibili e trasmettere un'atmosfera calda e accogliente, possono scegliere di includere fotografie personali e/o autobiografie che descrivono i loro interessi.
Sebbene questo aiuti il cliente a farsi un'idea di chi sia il terapeuta, allo stesso tempo vanno a modellarsi alcune aspettative per una relazione più sociale e meno formale. Questa discrepanza può quindi essere difficile da correggere e anche i tentativi messi in atto dal clinico potrebbero generare confusione e frustrazione nel cliente (Gottlieb, et al., 2009).
Raccomandazioni sul rispetto dei confini
Considerata la moltitudine di potenziali problemi che sorgono nel contesto di impostazione dei confini in ambito virtuale, gli autori hanno delineato alcune raccomandazioni al fine di garantire una miglior pratica mirata a massimizzare l'utilità clinica e ridurre al minimo i danni.
Secondo gli autori è fondamentale, a prescindere dal contesto clinico in cui si opera – virtuale e/o in presenza - tutelare l'integrità del trattamento.
Raccomandazione 1: Rispettare l'orario delle sessioni
Nonostante i clienti abbiano la possibilità di interagire a qualsiasi orario, il suggerimento per i clinici è di stabilire interazioni terapeutiche esclusivamente nell'orario concordato per la sessione di telepsicologia. Ciò aiuterà a distinguere le comunicazioni terapeutiche dalle normali interazioni quotidiane che il cliente può avere con altri soggetti.
Questo aspetto è imprescindibile in quanto aiuta a stabilire una terapia strutturata, coerente, prevedibile e professionale. Nel caso della telepsicologia, è dovere del clinico rispettare i tempi di inizio e fine della sessione e di assicurarsi che gli strumenti tecnologici funzionino correttamente prima dell'inizio della sessione.
Raccomandazione n. 2: garantire feedback tempestivi e coerenti
I clinici dovrebbero avere la capacità di fornire feedback coerenti e tempestivi. In tal senso, la letteratura suggerisce (Abbott et al., 2008) da uno a tre giorni lavorativi per feedback che riguardano l'utilizzo di programmi online e 24 ore per comunicazione urgenti ed immediate. I professionisti dovrebbero pertanto discutere i tempi di risposta all'inizio del trattamento in modo tale che i clienti sappiano cosa aspettarsi. Qualora i clienti comunichino insistentemente senza motivazioni “valide”, il clinico dovrebbe rallentare i processi di risposta al fine di generare un'interazione terapeutica più appropriata.
Raccomandazione n. 3: garantire un ambiente privato, coerente e professionale.
Al fine di tutelare la privacy del cliente, è doveroso da parte del professionista evitare la conduzione di sessioni di telepsicologia quando si trovano in ambienti pubblici, suggerendo al cliente di fare lo stesso. Qualora il paziente non abbia la possibilità di garantirsi uno spazio privato all'interno della propria abitazione, si può ricorrere a modalità di comunicazione basate su testo.
Particolare attenzione dev'essere inoltre dedicata a ciò che compare nel campo visivo della videocamera durante le sessioni di telepsicologia, assicurandosi che lo spazio appaia professionale (Devlin et al., 2013).
Raccomandazione n. 4: garantire un uso professionale delle tecnologie utilizzate
I professionisti della salute mentale devono prestare particolare attenzione alla promozione dell'immagine professionale mediante strumenti tecnologici. Un sito web personale dovrebbe contenere un linguaggio professionale, un elenco dei servizi e delle competenze possedute, evitando informazioni personali rispetto ai loro gusti o interessi che esulano dagli aspetti prettamente clinici.
Una presenza professionale sulle piattaforme dei social media deve essere ben organizzata, discutendo con i clienti le modalità con cui gestiranno i contatti non terapeutici come richieste di amicizia su Facebook (Kolmes, 2010).
Raccomandazione n. 6: mantenere confini appropriati
I clinici devono impegnarsi nel mantenere un sano equilibrio tra aspetti professionali e privati. Si suggerisce a tal proposito di evitare un controllo costante delle comunicazioni asincrone durante le ore non lavorative.
Raccomandazione n. 7: utilizzare un linguaggio professionale
I terapeuti che utilizzano la telepsicologia e si avvalgono della comunicazione scritta devono attentamente riflettere sulla scelta delle parole da utilizzare. Una revisione del testo prima di inviarle al cliente aiuta a prevenire e ridurre al minimo eventuali comunicazioni ambigue, oltre a proteggere lo spazio terapeutico da eventuali attraversamenti di confine.
Inoltre, per favorire una distinzione tra le comunicazioni terapeutiche dalle interazioni sociali, il clinico deve astenersi dall'uso di acronimi, punteggiatura eccessiva ed emoticon.
Conclusioni
Considerata la forte espansione dei servizi di telepsicologia è importante la fornitura di un'assistenza competente ed eticamente orientata. Un'area che merita particolare riflessioni, come delineato nel presente articolo, è quella relativa al mantenimento dei confini. Le sfide che si presentano potrebbero infatti determinare una minor professionalità del servizio, nonché della relazione terapeutica.
Essere consapevoli della presenza di eventuali problemi aiuteranno i clinici a stabilire un ambiente strutturato che sia professionale e coerente. Infine, ciò che gli autori raccomandano è l'erogazione di corsi di formazione specifici per i clinici che decidono di lavorare avvalendosi degli strumenti tecnologici. Pertanto, gli organi preposti dovrebbero iniziare a includere corsi legati alla telepsicologia, allo sviluppo di un'identità online professionale nonché programmi specifici di formazione che consentano un uso appropriato dello strumento, ma soprattutto un'azione professionale strutturata e rispettosa dei valori etici della professione.
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